Costruttori di cultura e comunità

Ho incontrato la cooperativa Il Calabrone partecipando al Servizio Civile Universale, non conoscevo il mondo del sociale dal punto di vista lavorativo, ma dopo un anno qui ho scelto di rimanere perché ho trovato una ricchezza di progetti e azioni innovative, un ambiente di lavoro accogliente, dinamico e stimolante, dove si creano relazioni significative con i colleghi.

Ho scoperto un nuovo modo di lavorare, diverso da quello che immaginavo e per come intendevo io il lavoro. Qui ho capito che le priorità sono le persone, i loro bisogni ed esigenze, il senso delle cose, poi vengono i risultati e gli obiettivi prefissati, quelli si possono sempre rimodulare e ripensare, perché sono proprio i risultati e gli obiettivi che si adattano da persona a persona e non viceversa. Un approccio molto diverso dall’ottica imprenditoriale, ma che per me è il valore aggiunto del nostro lavoro.

Qui al Calabrone mi occupo di orientamento all’Informagiovani. Mi piace il rapporto diretto che riesco ad avere con il singolo ragazzo, soprattutto quando si riesce a coltivarlo nel tempo, creando un punto di riferimento e fiducia. Quel che più mi permette di crescere personalmente e professionalmente è proprio l’incontro di ogni giorno con persone diverse, che provengono da contesti diversi e che portano necessità e bisogni differenti. Questa varietà non ti permette mai di annoiarti, ti fa scoprire e conoscere cose sempre nuove e imparare ad adattarsi a differenti situazioni.

La bellezza del lavorare per le politiche giovanili consiste nello stare a contatto con i giovani e le nuove generazioni: vederli, parlarci e sentire le loro opinioni ti permette di poter dare loro consigli e aiuti concreti, di rimanere aggiornati sulle loro esigenze, aiutarli a trovare le soluzioni migliori per loro. Non diamo risposte ma offriamo contesti e strumenti per l’autonomia, per fare in modo che i giovani trovino la propria strada, con una nuova consapevolezza di sé e di ciò che li circonda.

Nonostante pochi anni d’età di differenza mi rendo conto che c’è bisogno di confronto diretto con loro, perché le visioni sono già molto distanti.

Elisa Baruzzi

I gesti inaspettati ci sorprendono e lasciano il segno

Da quando ero piccola ho sempre saputo che avrei lavorato nell’ambito del sociale, a contatto con le persone, e ho scelto sin da subito un percorso di studi che mi permettesse di realizzare questo mio desiderio.

Ho fatto diverse esperienze: a scuola con la disabilità, poi con le dipendenze e la tutela minori; oggi lavoro nell’ambito della giustizia e sento che è l’ambito in cui desidero lavorare davvero. Per me la giustizia ha un grande valore, sono molto sensibile alle ingiustizie sociali e voglio lavorare affinché si risolvano.

Mi sento una persona fortunata e sento di poter avere un ruolo nel rimettere in circolo questa fortuna, lavorare nel sociale penso sia un modo per farlo. L’ambito che più mi piace della psicologia è quello sociale e di comunità, a cavallo tra il lavoro psicologico e quello educativo. Mi è sempre piaciuta l’idea di lavorare in un gruppo, l’equipe è la mia dimensione: c’è una grande ricchezza di punti di vista sulle persone che incontriamo e la complessità delle persone richiede una complessità di sguardi umani e professionali.

Questo lavoro mi permette di stare a contatto con le storie delle persone che sono l’aspetto per me più significativo nell’ambito del sociale.

Una cosa importante me l’ha insegnata una ragazza che viveva in una comunità per minori. Era conosciuta come poco sincera, inaffidabile e manipolatoria. In un momento di litigio con un altro ragazzo io subito non ho creduto a quel che mi stava dicendo. Quando poi il ragazzo ha ammesso di essere stato lui a provocarla mi sono resa conto di essere rimasta incastrata nei pregiudizi su di lei che, in lacrime, mi ha detto che ero l’ennesima persona che non le credeva. Quello sguardo e quelle parole mi hanno insegnato tanto, è stato un errore che, ancora oggi, mi aiuta a tenere sempre a mente di entrare in relazione con gli altri ogni volta in modo libero e nuovo, cercando di non farmi influenzare da altro se non la relazione che in quel momento si crea. Ammettere di aver sbagliato e chiederle scusa, mi ha permesso di creare con lei una relazione nuova, di fiducia.

Spesso incontro le persone in una fase difficile della loro vita, in cui provengono da vissuti negativi, e nel mio lavoro cerco di creare condizioni affinché avvengano incontri significativi, che possono cambiare l’esistenza delle persone immettendo nuova speranza.

Il lavoro nel sociale è bello anche perché sa sorprenderti, soprattutto se non smetti di credere nella parte migliore di ciascuna persona, anche quando è nascosta. Ho seguito un gruppo di minorenni autori di reato in un percorso sul tema della legalità, un’esperienza sfidante, in particolare, con uno dei ragazzi: molto provocatorio e difficile da ingaggiare nelle nostre proposte. Durante l’incontro finale, davanti alla sua assistente sociale, ha ringraziato me e la mia collega dicendo che: “Ci stava, è stato bello e voi siete state brave perché con noi non è facile, ci vuole pazienza”.

Lavorare con le persone è bello e faticoso, non ti fa mai sentire arrivato: c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare e scoprire, non si finisce mai di crescere. È un lavoro di equilibrio che va continuamente costruito: il nostro agire per loro e con loro ha dei confini, noi facciamo delle proposte, creiamo delle occasioni, è poi l’altro a decidere se accoglierle o meno. Questo permette di convivere e superare il senso di impotenza che nasce di fronte alle situazioni complesse, riconoscendo la responsabilità di entrambi: la mia come operatrice, quella dell’altro come protagonista della sua vita.

Erica Serlini

Raccontare il mondo del sociale per ridare valore

Mi piacciono i racconti, le storie, le sfumature di significato delle parole; già ai tempi del liceo scrivevo per il giornalino d’istituto e sognavo di poter continuare a farlo anche nel mio lavoro. Ho studiato scienze della comunicazione con la convinzione che non avrei voluto lavorare per un’azienda e occuparmi di marketing o pubblicità per alimentare il desiderio di acquistare beni anche superflui e incentivare il consumismo sfrenato. Dovevo trovare un’alternativa.

Con il Servizio Civile ho scoperto il mondo delle cooperative e qui ho trovato quel che cercavo: mettere la comunicazione al servizio delle persone e della comunità, per informare, sensibilizzare, far conoscere servizi e progetti utili, per raccontare storie di vita che pochi conoscono perché sono le storie di chi vive ai margini, di chi si trova in condizioni di fragilità, ma soprattutto storie di azioni belle e concrete che aiutano la comunità a crescere, ad avvicinare le persone, risolvere un poco le disuguaglianze e costruire un futuro migliore per tutti.

Quando parlo del mio lavoro mi sento orgogliosa di quel che faccio perché anche se non sono direttamente a contatto con le persone che la cooperativa aiuta è come se il lavoro dei miei colleghi fosse anche un po’ il mio. Ascolto le loro storie, il lavoro che fanno ogni giorno e lo trasformo in un racconto che possa dare valore ai loro gesti, anche quelli che dopo tanti anni per loro sono ormai i più scontati e banali ma che hanno invece ancora un grande impatto.

Non smetto mai di imparare: ogni volta che parlo con un collega che si occupa di un’area diversa scopro qualcosa in più, capisco meglio il loro lavoro e apro il mio sguardo sul mondo, cercando un modo efficace e semplice per comunicarlo a chi non è un addetto ai lavori, traducendo termini tecnici e procedure complicate in una narrazione alla portata di tutti.

È delicato parlare di fragilità e non è sempre facile riuscire a comunicare il valore di ciò che stiamo facendo, ma le parole giuste nella giusta forma hanno la capacità di avere un effetto dirompente e smuovere emozioni e portare a prendere posizione rispetto a dei temi.

Credo che il mio lavoro sia complementare a quello che fanno educatori, psicologi e operatori in cooperativa, serve ad ampliare l’efficacia delle loro azioni attraverso la condivisione di risultati e buone prassi, a far crescere consapevolezza su problemi e difficoltà nel territorio per fare in modo che si creino reti di sostegno e si smuovano ulteriori azioni per dare risposte collettive.

Francesca Bertoglio

Come cooperativa Il Calabrone da sempre lavoriamo accanto alle persone per costruire un futuro desiderabile per tutti, perché la bellezza del lavoro sociale sta proprio nel mettere le persone e i loro bisogno al centro del nostro pensiero e del nostro agire.

Siamo una varietà di professionisti che cooperano ogni giorno per promuovere il bene comune e l’integrazione sociale dei cittadini, con particolare attenzione a chi sta attraversando un periodo di disagio, per promuovere la cultura del prendersi cura dell’altro, dell’accoglienza delle diversità e della giustizia: ingredienti fondamentali per costruire una comunità coesa e solidale.

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